Rapporto Istat, si allarga la forbice tra benestanti e poveri

Rapporto Istat, si allarga la forbice tra benestanti e poveri

Oltre 18 milioni di italiani (precisamente 18.136.663 individui), quasi uno su tre, sono a rischio povertà o esclusione sociale.
Lo riferisce l'Istat, presentando dati relativi al 2016 e sottolineando che la schiera delle persone in difficoltà supera di 5.255.000 unità la cifra degli obiettivi prefissati dalla Strategia Europa 2020.
L'Istituto di statistica evidenzia inoltre un peggioramento rispetto al 2015: la percentuale è passata, infatti, dal 28,7% al 30%.
Si rilevano segnali di peggioramento per le persone che vivono da sole (la stima passa dal 31,6% al 34,9%) e, in particolare, per le persone sole con meno di 65 anni (dal 33,1% al 37,0%). Ciò è associato ad un incremento di tutti gli indicatori: rischio di povertà (+0,7%), grave deprivazione materiale (+0,6%) e bassa intensità lavorativa (+1,1%).
Secondo l'Istat, aumentano sia l'incidenza di individui a rischio di povertà (20,6%, dal 19,9%), sia la quota di quanti vivono in famiglie gravemente deprivate (12,1% da 11,5%), così come quella delle persone che vivono in famiglie a bassa intensità lavorativa (12,8%, da 11,7%).
Il Mezzogiorno resta l'area territoriale più esposta al rischio di povertà o esclusione sociale (46,9%, in lieve crescita dal 46,4% del 2015). Il rischio è minore, sebbene in aumento, nel Nord-ovest (21,0% da 18,5%) e nel Nord-est (17,1% da 15,9%). Nel Centro un quarto della popolazione (25,1%) permane in tale condizione.
Metà delle famiglie residenti in Italia percepisce un reddito netto non superiore a 24.522 euro l'anno (circa 2.016 euro al mese: +1,4% rispetto al 2014). Il reddito mediano cresce nel Mezzogiorno in misura quasi doppia rispetto a quella registrata a livello nazionale (+2,8% rispetto al 2014), rimanendo però su un volume molto inferiore.
Le famiglie con cinque o più componenti si confermano le più esposte al rischio di povertà o esclusione sociale (43,7% come nel 2015), ma è per quelle con uno o due componenti che questo indicatore peggiora (per le prime sale al 34,9% dal 31,6%, per le seconde al 25,2% dal 22,4%).
Il reddito netto medio annuo per famiglia, esclusi gli affitti figurativi, è pari a 29.988 euro, circa 2.500 euro al mese (+1,8% in termini nominali e +1,7% in termini di potere d'acquisto rispetto al 2014).
Nel 2015 il costo del lavoro risulta in media pari a 32 mila euro annui. Il cuneo fiscale e contributivo è stato pari al 46% del costo del lavoro, in lieve calo rispetto agli anni precedenti (46,2% nel 2014, 46,7% nel 2012).
Nel nostro Paese si segnala inoltre una significativa e diffusa crescita del reddito disponibile e del potere d'acquisto delle famiglie, che però si associa a "un aumento della disuguaglianza economica". Nel 2015, in particolare, "la crescita del reddito è stata più intensa per la quinta parte più ricca della popolazione, trainata dal sensibile incremento della fascia alta dei redditi da lavoro autonomo, in ripresa ciclica dopo diversi anni di flessione pronunciata". Per questi motivi la forbice tra i più benestanti e i più poveri si è ulteriormente allargata.

08/12/2017

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