Sulla questione abitativa di genere: I bisogni abitativi delle donne anziane

Sulla questione abitativa di genere: I bisogni abitativi delle donne anziane

Sulla questione abitativa di genere – I bisogni abitativi delle donne anziane

Da parecchio tempo avevamo ipotizzato di dedicare un approfondimento di DonneinForma alla questione abitativa di genere, ma mai avremmo potuto immaginare di trovarci in grande difficoltà nel farlo.

Una delle difficoltà incontrate è stata quella di non aver, forse per nostra incapacità, reperito dati in grado di mettere in evidenza, sempre in un'ottica di genere, le differenze territoriali, geografiche ed economiche che agiscono sulle condizioni abitative

Infatti, la questione abitativa viene indagata in relazione ai nuclei familiari, ai redditi e ai valori immobiliari con esplicito intento di mappatura degli andamenti del mercato immobiliare piuttosto che di intercettare il palese disagio abitativo.

Ed essendo cosa nota che ogni fase della vita porta con sé bisogni abitativi molto differenti ci preoccupa la assoluta impossibilità di quantificarli e qualificarli e non più acquisirli per ipotesi percentuale. Questo è ancor più vero in relazione al nostro focus che ha l'ambizione di analizzare i bisogni abitativi delle donne anziane.

Quando abbiamo iniziato questo lavoro non era ancora scoppiata l'epidemia di COVID19 per cui la nostra analisi si basava su consolidati che approcciavano l'abitare nella sua accezione più ampia, non solo la casa ma il contesto di relazioni, servizi, cultura, quartiere, territorio, ecc. Nel momento in cui scriviamo è ancora difficile capire quanto e se abbia modificato in maniera rilevante il quadro demografico e quali possano essere le ripercussioni sui bisogni legati all'abitare. Di sicuro abbiamo constatato che tante famiglie, obbligate ad una convivenza h24, hanno patito l'esercizio del doppio ruolo, genitoriale e lavorativo, in spazi abitativi spesso inadeguati al numero dei suoi componenti.

In questo contesto e con questi presupposti, in assenza di una riprogettazione generale dei servizi, non sempre la casa risulta luogo adeguato allo smart-working.

Volendo, intanto, dare un contesto al nostro ragionamento è utile sapere che l'edilizia pubblica rappresenta solo il 4% del patrimonio abitativo ed un quinto del mercato dell'affitto. L'80,3% (quasi dieci milioni) della popolazione anziana vive in case di proprietà, il 34,9% abitano da soli e aumenta il numero di quelli che vivono, soli, in case sovradimensionate. Nel 2019, dati Istat, le donne di 65 anni e più che vivono da sole costituiscono il 60,3% contro il 29,9% dei maschi sul totale della popolazione anziana che vive sola.

La tipicità italiana di rimanere a lungo nella stessa abitazione ha sicuramente un valore aggiunto ma costituisce anche una delle tante criticità. Infatti, la casa pensata e progettata per accogliere una famiglia in formazione difficilmente sarà adeguata alle difficoltà o limitazione che la senilità spesso impone. Inoltre, vista la maggiore longevità femminile, i limiti derivanti da redditi più bassi rende quasi impossibile, alle anziane, adattare la propria abitazione alle nuove e sempre crescenti difficolta, sia nella vita casalinga che nella fruizione dell'ambiente di contesto. I redditi bassi delle donne anziane le rende ancora più discriminate quando parliamo del mercato degli affitti. Per loro anche il ricorso all'edilizia sociale potrebbe essere difficoltoso vista la tanta burocrazia da espletare.

Inoltre, nelle varie ricerche che hanno analizzato i dati catastali, risulta particolarmente critica la condizione abitativa degli anziani nei comuni inferiori ai 10.000 residenti dove si trovano le case più vecchie (50,3%), costruite prima del 1919, e quelle prive di impianto di riscaldamento (33,8%). Infine, la distribuzione percentuale delle abitazioni con ascensore è praticamente assente nei comuni di classe inferiore ai 10.000 abitanti.

È in questa tipologia di centro abitato che registriamo anche la maggiore difficoltà di accesso ai servizi alla persona, spesso assenti, distanti o intermittenti, che dovrebbero garantire adeguata qualità abitativa e di relazione con l'ambiente, adeguata assistenza socio-sanitaria e quindi la maggiore permanenza possibile nell'autosufficienza, presupposti inderogabili per la tutela della dignità di ogni persona.

A dispetto di una burocrazia complessa, osteggiante e, qualche volta, assente anche in Italia stanno nascendo esperienze quali il Co-housing, i Condomini solidali e varie interpretazioni dell'abitare collettivo capaci di accogliere e di rispondere ai diversi bisogni del quotidiano e delle differenti età.

Dovremmo far sì che le istituzioni si impegnino nella costruzione di un contesto normativo adeguato in quanto queste esperienze abitative sono o saranno uno dei tanti strumenti a sostegno delle persone over 65 (56,51% donne), e delle persone fragili, anche economicamente, senza dimenticare le grandi ed importanti risorse strumentali garantite dalla domotica a sostegno dell'accessibilità sicura alla e nella propria casa.

Ovviamente non siamo riuscite, neanche questa volta, a rilevare i dati per genere. Aspetto importante se si pensa che le donne costituiscono l'83,92% degli ultracentenari e il 73% delle persone di età compresa tra i 90 e i 99 anni. Considerando che le donne risultano essere più invalidate degli uomini dall'età è evidente che anche le loro problematiche hanno bisogno di rilevazioni specifiche e di risposte adeguate.

Sta a noi, ora, trovare il modo di approfondire meglio questa tematica e trovare vie concertative per agevolare soluzioni.

22/07/2020

Condividi l'articolo su: