Fnp Emilia Romagna

La situazione demografica dell’Emilia-Romagna e le proiezioni al 2050

"La situazione demografica dell’Emilia-Romagna e le proiezioni al 2050

Più anziani e tali per più tempo e meno giovani. Mediamente più acculturati e in salute di oggi, pur con più cronicità. Sempre più soli (un solo anziano componente per famiglia), specie le donne e con ridotte relazioni e socialità. In crescita la richiesta di cure ed assistenza personalizzate. Una situazione simile all’attuale quella prevista nel 2050…

 

Sintesi

 

Bassa fecondità e migliori condizioni di vita e salute hanno modificano l’equilibrio tra generazioni. Si innalza l’età media e la speranza di vita (81,6 gli uomini e 85,7anni le donne), per cui aumentano gli anziani e diminuiscono i giovani, specie in età lavorativa.

Da qui la necessità di considerare la sostenibilità del sistema previdenziale pubblico ed il ricorso a sistemi di previdenza privata (pensioni private o assicurazioni sulla vita) per sostenere il risparmio nel lungo periodo senza alterare gli equilibri economici inter-generazionali. Inoltre, una popolazione che invecchia richiede maggiori servizi per la cura della persona e più badanti, assistenti, infermieri, lavoratrici domestiche.

L’aumento della longevità, oltre a garantire una vita più lunga e più in salute, consente investimenti a lungo termine come una istruzione prolungata, mentre la riduzione della fecondità libera tempo ed energia alle donne, facilitandone l’emancipazione.

Crescente scolarizzazione ed innalzamento dell’età media in cui si terminano gli studi, ritardo nell’accesso allo stato adulto e nel mercato del lavoro, intensificano gli effetti negativi legati all’invecchiamento, provocando ulteriore erosione delle forze di lavoro giovanili.

I giovani, pur risorsa limitata, non entrano rapidamente nel mercato del lavoro.

I flussi migratori di giovani da altri paesi mitigano gli effetti negativi delle dinamiche in atto, rimpiazzando in parte le forze lavoro erose dall’invecchiamento. Nel contempo gli immigrati ringiovaniscono la popolazione con i nuovi nati.

Nei prossimi due decenni lo squilibrio tra le classi di età sarà massimo. Le generazioni del baby boom (nate negli anni del “miracolo economico”) stanno lasciando il lavoro ed accrescere le classi più anziane. La storia demografica futura, fino alla metà di questo secolo, è già scritta, trattando persone già nate di cui si conoscono le caratteristiche.

Questa, in sintesi, la fotografia consegnata dalla ricerca ‘La situazione demografica in Emilia-Romagna e le proiezioni al 2050’ condotta dall’associazione Neodemos per conto della Fnp Emilia-Romagna.

Uno zoom ‘necessario’ per impostare risposte adeguate alle trasformazioni in atto.

 

Negli anni Novanta l’Emilia-Romagna esibiva uno dei livelli di fecondità più bassi d’Italia (e del mondo), oggi non più. Nel 2019, il livello di fecondità è pari a 1,3 figli per donna, superiore a quello nazionale (1,27), non molto dissimile da quello di Valle d’Aosta, Campania, Lombardia e Sicilia (con valori compresi tra 1,31 e 1,33) e inferiore solo al Trentino e all’Alto Adige (rispettivamente 1,57 e 1,71).

La fecondità è cresciuta, sebbene frenata dalla crisi economica, e vi è stato un afflusso di popolazione giovane dall’estero e da altre regioni italiane. Ad esempio, la popolazione parmense cresce per la popolazione straniera (+41% nel 2020 rispetto al 2012); la provincia di Ferrara perde quasi circa diecimila residenti negli ultimi cinque anni, nonostante la popolazione straniera sia in costante aumento dal 2012.

Reggio Emilia e Modena mostrano un numero medio di figli per donna superiore alla media regionale (rispettivamente, +0,2 e +0,1).

 

Le dinamiche demografiche pongono al centro il capitale umano e la composizione della popolazione in termini di livello d’istruzione. Il progressivo ingresso nelle classi di età più anziane di lavoratori più istruiti accresce l’istruzione media anche tra i lavoratori meno giovani.

Istruzione e produttività e migliori condizioni di salute di donne e uomini più istruiti incrementa l’efficienza lavorativa anche nelle fasce di età meno giovani. Inoltre, le persone più istruite tendono a ritardare l’uscita dal mercato del lavoro, per cui nei prossimi due/tre decenni, ci sarà un incremento di lavoratori di età tra i 55 e i 64 anni ed anche oltre i 65. È però necessario che maggiori livelli d’istruzione e sopravvivenza, frutto degli sforzi passati per estendere il sistema scolastico/universitario e quello sanitario, continuino anche nei prossimi anni.

I flussi migratori. Circa gli arrivi, la mobilità interna è ascrivibile all’attrattiva dell’Emilia Romagna per gli studenti universitari. Negli ultimi quindici anni si sono iscritti nelle Università locali quasi 10 mila studenti all’anno, provenienti da altre regioni e l’Emilia-Romagna riesce a inserire nel proprio mercato del lavoro un’ampia fetta di questi studenti. L’arrivo di persone giovani e altamente scolarizzate è un punto di forza della regione per contrastare invecchiamento e depauperamento delle forze lavoro.

All’interno della Regione alcuni territori risultano più attrattivi di altri, causa più favorevoli dinamiche economiche e del mondo del lavoro.

 

 

Circa l’invecchiamento, le province di Parma, Piacenza e Bologna arginano il fenomeno grazie ai numerosi cittadini stranieri; le restanti province sono in una situazione peggiore con pesanti ripercussioni soprattutto nei prossimi due decenni.

Infatti, tendenzialmente la popolazione di età 0-14 scende dall’attuale 13% all’11% nel 2035, per rimanere su questo livello anche nel 2050, mentre gli over 65, oggi meno di un quarto della popolazione complessiva, diventano oltre un terzo nel 2050.

Pertanto, l’indice di vecchiaia cresce rapidamente fino al 2040 per poi assestarsi su valori che indicano tre anziani ogni giovanissimo. L’indice di dipendenza aumenta da 58 a 82, mentre l’indice di ricambio cresce da 144 a 193 nel 2035 per poi decrescere secondo un percorso quasi speculare. Infatti, nel 2050 le fasce più giovani si mantengono sugli stessi livelli del 2020, mentre le persone tra i 45 e i 59 anni si riducono fortemente e quelle di età più elevate crescono sensibilmente.

Il numero di uomini in buona salute aumenta tra i 40 e i 60 anni, allineandosi ai valori raggiunti dalle donne nel 2050. L’aumento degli over 65 affianca il numero di persone affette da due o più malattie croniche, soprattutto donne, che però raggiungono età ancora più elevate rispetto alle odierne.

Le provincie di Bologna e Modena, oggi numericamente più numerose, crescono di più. A Modena aumentano gli anziani, ma anche i giovani. A Ferrara crescono meno gli anziani, ma difficile resta il ricambio generazionale.

L’indice di vecchiaia in tutta la regione, nei prossimi decenni, tende al rialzo fino al 2040, specie a Ferrara e Ravenna.

In tutte le province l’indice di ricambio della popolazione attiva cresce fino al 2035, mentre successivamente la tendenza è di segno opposto e nel 2050 i valori sono prossimi agli attuali.

Nel complesso, la longevità cresce anche nelle fasce di età più estreme, sino ad una media di oltre trentacinquemila ultraottantenni per provincia.

Secondo il rapporto, in regione una persona di 65 anni su quattro vive sola nel 2050 ed anche quasi i due terzi degli over 85enni. Nel 2050 più di un milione di persone con più di 65 anni soffre di almeno una malattia cronica, di cui un quarto over 85enni.

Calo demografico ed invecchiamento della popolazione si accentuano nelle aree interne: Appennino Emiliano, Basso Ferrarese, Appennino Piacentino-Parmense e Alta Valmarecchia. Nel Basso Ferrarese cala quasi tutta la popolazione under 75, accentuando le dinamiche in atto in tutto il ferrarese. Nell’Appenino Piacentino-Parmense, è forte il ridimensionamento di tutte le fasce di popolazione in età lavorativa nei prossimi decenni, mentre gli over 75 restano circa quelli di oggi.  

L’epidemia di Covid-19 evidenzia nel 2020 un aumento di decessi del 20% di over 65 anni rispetto al quinquennio precedente, raggiungendo a marzo 2020 picchi del +277% nel piacentino e del +209% nel parmense. In regione i territori più colpiti da questo fenomeno sono il piacentino con un aumento del 62,8% rispetto alla media dei cinque anni precedenti, il parmense con un aumento del 53,3% e il riminese con un incremento del 24,5%. Al contrario, la provincia di Ferrara è stata meno coinvolta dall’emergenza, almeno dal punto di vista dei decessi.

 

 

 

 

20/05/2021

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