L’Italia malinconica: i risultati del 56° rapporto Censis sulla situazione del Paese

L’Italia malinconica: i risultati del 56° rapporto Censis sulla situazione del Paese

Siamo alla fine di un triennio straordinario di emergenza globale: pandemia, guerra in Ucraina, alta inflazione e crisi energetica

È un’Italia spaventata e malinconica quella che emerge dall’ultimo Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, giunto quest’anno alla 56ª edizione e imprescindibile appuntamento per tutti coloro che sono interessati all’analisi e all’interpretazione dei più significativi fenomeni socio-economici.

Siamo alla fine di un triennio straordinario di emergenza globale, caratterizzato da quattro crisi sovrapposte: la pandemia perdurante, la guerra in Ucraina, l’alta inflazione e la crisi energetica.

Si è sedimentata negli italiani la paura di essere esposti a rischi globali incontrollabili e fuori dalla propria portata; l’84,5% pensa, infatti, che eventi geograficamente lontani possano cambiare improvvisamente e radicalmente la propria quotidianità, il 61,1% teme che possa scoppiare un conflitto mondiale, il 58,8% che si ricorra all’arma nucleare, il 57,7% che l’Italia entri in guerra.

Ancora, il 66,5% degli italiani (oltre 10 punti percentuali in più rispetto al 2019 pre-Covid), si sente insicuro pensando al futuro. La melanconia è il sentimento che oggi caratterizza meglio gli italiani, sottolinea il Rapporto.

Le richieste di prospettive certe di benessere e di equità che emergono da questo quadro non possono essere più liquidate in maniera semplicistica come “populiste” e “demagogiche”, siamo piuttosto, rileva il Censis, in un ciclo post-populista.

La società non regredisce e non matura, si trova in una fase di stallo e il nostro Paese vive in una sorta di latenza di risposta; la società italiana, sostiene il Rapporto, aspetta di divenire adulta. L’Italia, insomma, non cresce abbastanza o non cresce affatto.

Non si registrano massicce mobilitazioni collettive attraverso scioperi, manifestazioni di piazza e cortei, è evidente una sorta di ritrazione silenziosa dalla partecipazione agli ambiti del vivere civile. Un esempio chiaro è stato quello delle ultime elezioni politiche durante le quali si è registrato il numero più alto di non votanti (astenuti, schede bianche e nulle) della storia repubblicana: quasi 18 milioni di persone, il 39% degli aventi diritto. In 12 province i non votanti hanno superato il 50%.

L’Italia che invecchia

Prosegue il progressivo processo di invecchiamento della popolazione, con implicazioni profonde sul mercato del lavoro e sull’equilibrio del sistema di welfare. La popolazione di almeno 65 anni di età, in uscita o fuori dal mercato del lavoro, è pari al 23,8% del totale, 60% in più rispetto a trent’anni fa. L’indice di dipendenza strutturale, il rapporto tra la popolazione inattiva e quella attiva, è pari al 57,5% (+12,8 punti percentuali rispetto al 1992) e quello di vecchiaia è pari al 187,9% (+87,5% rispetto al 1992).

Povertà in aumento

Aumentano anche le famiglie che vivono in condizioni di povertà assoluta: nel 2021 erano 1,9 milioni, per un totale di quasi 5,6 milioni di individui, 1,7% in più rispetto al 2019. Di questi, il 44,1% risiedeva nel Sud e nelle Isole.

Sanità: la situazione del Ssn

Per quanto riguarda la sanità, nel periodo 2020-2022 il finanziamento pubblico ha fatto registrare un incremento medio annuo dell’1,6%; nel 2020 lo Stato ha destinato alla sanità 120,6 miliardi di euro. Nonostante ciò, l’ambito destinato ad aggravarsi nell’immediato futuro è quello del personale sanitario. Non solo l’attuazione degli obiettivi previsti nella Missione 6 del PNRR, ma anche la stessa gestione attuale della sanità risultano fortemente problematiche per la carenza di medici, di infermieri e di altro personale sanitario. I dati su medici e infermieri del Ssn segnalano che, dal 2008 al 2020, il rapporto medici/abitanti è passato da 19,1 a 17,3 per 10.000 abitanti, mentre quello relativo agli infermieri da 46,9 a 44,4.

Per far fronte all’emergenza Covid, è stato necessario assumere personale sanitario, nello specifico, secondo i dati del Ministero della Salute aggiornati a luglio 2021, 21.414 medici, 31.990 infermieri oltre a 29.766 assunzioni di altro personale sanitario. Tuttavia, sono prevalenti le assunzioni temporanee, mentre quelle a tempo indeterminato riguardano una quota ridotta sia di medici (1.350, pari al 6,3% delle assunzioni), sia di infermieri (8.757, il 27,4%).

Altro problema legato al blocco delle assunzioni è stato il progressivo innalzamento dell’età media del personale del Ssn. L’età media dei 103.092 medici del Ssn è di 51,3 anni, tra gli infermieri l’età media è di 47,3 anni. Si stima che, nel quinquennio 2022-2027, i pensionamenti tra i medici dipendenti del Ssn saranno 29.331 e 21.050 tra il personale infermieristico. Inoltre, dei 41.707 medici di medicina generale, si prevede che tra il 2022 e il 2027 saranno 11.865 (2.373 per anno) ad andare in pensione. Nel complesso, si prevede al 2027 un’uscita dal Ssn (medici dipendenti e Mmg) di 41.196 medici (8.239 l’anno).

Questa realtà contrasta con le aspettative dei cittadini rispetto al sistema sanitario dell’immediato futuro. Per il 61,0% degli italiani, infatti, nei prossimi anni il Servizio sanitario migliorerà anche grazie all’esperienza della pandemia. Tra le maggiori necessità nei prossimi cinque anni, il 50,9% degli italiani indica l’aumento del numero di medici di medicina generale, il 46,7% la modernizzazione di tecnologie e attrezzature diagnostiche per accertamenti, il 45,3% l’attivazione o il potenziamento dei servizi sul territorio, come le Case della salute, il 39,6% più posti letto negli ospedali, il 34,0% l’attivazione dell’assistenza domiciliare digitale (teleconsulto, teleassistenza). Inoltre, per il 93,7% degli italiani la spesa pubblica per la ricerca in salute e sanità è un investimento, non un costo. Il 94,4% si attende che ricerca scientifica e innovazione migliorino l’efficacia delle cure e la qualità della vita in caso di malattie croniche, il 92,0% che si scoprano tecniche innovative per contrastare nuovi virus e batteri, il 91,1% che si riduca il rischio di ammalarsi.

Gli italiani e la salute

E d’altronde la salute è una delle principali fonti di preoccupazione per gli italiani. Il 53,0% teme il rischio di non autosufficienza e invalidità e il 42,1% di dover pagare di tasca propria prestazioni sanitarie impreviste.

Gli italiani vogliono svolgere un ruolo sempre più attivo nei processi riguardanti la propria salute. Il 66,9% dichiara di informarsi in autonomia su web e social network su sintomi e patologie, con valori più elevati tra le donne (70%), i giovani (77,1%) e i laureati (74,4%). È poi molto o abbastanza importante per il 94,3% degli italiani avere una maggiore personalizzazione delle cure, per il 92,9% che i percorsi di cura, dal domicilio al territorio, fino agli ospedali, siano modulati sulle esigenze personali del paziente. In questo contesto, il 92,1% dichiara di avere molta o abbastanza fiducia nei medici e per l’83,9% devono essere al centro della sanità del futuro. Oltre l’80% degli italiani è convinto che il digitale non dovrà mai sostituirsi al rapporto umano con il medico.

Ambiente e sostenibilità

Il 91,1% degli italiani si dichiara pronto a cambiare il proprio stile di vita per una società più sostenibile, di questi il 41,0% è pronto ad un cambio radicale delle proprie abitudini. La società si evolve verso una mobilità più sostenibile e conseguentemente con un minor impatto sull’ambiente e sulla salute. Il 64,5% dichiara di muoversi a piedi, evitando di utilizzare l’automobile o altri veicoli, quando la distanza tra il luogo di partenza e quello di arrivo lo consente. Nei consumi alimentari, per il 48,1% degli italiani impatto sulla salute e attenzione all’ambiente sono fattori che coesistono e orientano scelte e decisioni di acquisto.

Inflazione: i pensionati la categoria più colpita

L’incertezza che caratterizza il momento attuale colpisce trasversalmente tutte le categorie e tutte le classi d’età. Il ritorno improvviso e inatteso dell’inflazione ha collocato i pensionati tra coloro che sono più esposti all’erosione del potere d’acquisto. Pensando al proprio futuro, solo il 38,7% si sente sicuro sul piano economico (nel 2019 il dato era al 68,2%). La fragilizzazione della condizione economica dei pensionati non solo rischia di mettere in crisi il «silver welfare» a supporto di figli e nipoti, ma alimenta anche la loro paura verso alcuni rischi sociali. Il 35,2% dei pensionati si sente poco coperto in caso di malattia e della necessità di ricorrere a prestazioni sanitarie, il 45,4% in caso di non autosufficienza. Le significative differenze nei redditi pensionistici, inoltre, rendono alcune tipologie di pensionati più esposte ai rischi di questo momento. Al Sud le pensioni medie sono di circa il 20% inferiori a quelle del Nord e quelle delle donne sono inferiori di circa il 28% rispetto a quelle degli uomini.

Sicurezza

Il Censis evidenzia anche quale ulteriore elemento di allarme sociale, la paura per la propria incolumità personale e per la sicurezza dei propri beni. Nonostante nel 2021 i reati nel nostro Paese siano diminuiti del 25,4%, il timore di essere vittima di un reato preoccupa il 51,7% degli italiani. La provincia di Milano registra il più alto numero di reati denunciati in rapporto alla popolazione residente, con 59,9 reati ogni 1.000 abitanti, a fronte di una media nazionale pari a 35,7 reati ogni 1.000 abitanti. Seguono Rimini (55), Torino (50,6), Bologna (49,8) e Roma (48,6).

In questi ultimi anni si è assistito a un proliferare di piani di ogni genere: per la resilienza, per la sicurezza informatica, per il clima e l’energia, per la mobilità elettrica, per l’idrogeno, per la non autosufficienza, per la sostenibilità sociale. Senza, o quasi, dibattito pubblico, senza traguardi e impegni precisi. Siamo di fronte a una situazione Paese che, conclude il Rapporto, richiede una responsabilità della classe politica e soprattutto della classe dirigente. Responsabilità quale monito e quale invito a un cambiamento costruttivo.

Il Rapporto del Censis, conferma la percezione un disorientamento generale che caratterizza le società attuali a livello globale. È il momento di mettere in discussione diversi paradigmi che hanno imperato in maniera acritica sino a questo momento e che richiedono un cambio di prospettive. Si inizia ormai a parlare di de-globalizzazione, con la consapevolezza che tutti i grandi fenomeni portano inevitabilmente effetti negativi. In questi momenti di cambiamenti, che si auspica possano essere strutturali, continua a svolgere un ruolo fondamentale il sindacato, sempre in prima linea per contribuire a costruire una società del futuro solidale, equa e resiliente che garantisca la tutela dei diritti.

15/12/2022

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