PUBBLICAZIONI: Vademecum

Vademecum

Vademecum

Le pensioni 2023

Siamo arrivati alla edizione numero ventisei di questo Vademecum pensioni.

Un lavoro unitario di SPI CGIL, FNP CISL, UILP UIL, prezioso, che prosegue negli anni e che continua a svolgere un’azione informativa e di supporto che pensiamo utile a chi vuole approfondire i temi fiscali e previdenziali, all’interno e all’esterno delle nostre organizzazioni.

In armonia con le edizioni precedenti, anche il Vademecum di quest’anno si apre con una analisi dell’ultima legge di bilancio.

La Legge di Bilancio 2023 è intervenuta sul sistema pensionistico con misure parziali che abbiamo chiesto di migliorare.

Con riferimento all’indicizzazione delle pensioni, in fase di approvazione della Legge di Bilancio per il 2023, il Sindacato ha esercitato forti pressioni nei confronti dell’attuale Governo, al fine di scongiurare eventuali modifiche del meccanismo di rivalutazione a scaglioni, ripristinato, proprio grazie al ruolo delle parti sociali nel 2022. Il meccanismo, invece, è stato nuovamente rivisto e la legge di Bilancio per il 2023 ha stabilito interventi volti a ridurre la rivalutazione automatica per i trattamenti pensionistici superiori a quattro volte il trattamento minimo INPS, continuando a colpire una platea rilevante di pensionati, già molto indeboliti dal peso della forte inflazione che sta caratterizzando la nostra economia. È infatti prevista la rivalutazione piena per le pensioni fino a circa 2.000 euro lordi al mese, ma per gli importi superiori il meccanismo è a scalare, con una percentuale di indicizzazione via via sempre più bassa all’aumentare dell’importo percepito.

La norma è fortemente penalizzante, in quanto il taglio all’indicizzazione delle pensioni di importo complessivamente superiore a 4 volte il minimo (cioè superiore a 2.101,52 euro mensili lordi) colpisce un numero importante di pensionati e pensionate, con pensioni da lavoro frutto di anni e anni di contributi.

È un intervento tanto più problematico perché attuato in un contesto di forte crescita dell’inflazione, con un innalzamento straordinario dei costi dell’energia e dei prezzi dei beni di consumo, che produce effetti negativi anche sulle pensionate e i pensionati, il cui potere d’acquisto, già indebolito da un decennio di interventi sulla perequazione, è stato fortemente depotenziato dai rincari dei costi.

Anche la nuova misura di anticipo pensionistico, cosiddetta Quota 103, è una misura parziale, non adeguata a riportare flessibilità nel sistema, che, per le ‘condizionalità’ previste per l’accesso, produrrà effetti su una platea ristretta, principalmente composta da uomini con carriere lavorative stabili.

Analogamente, riteniamo non condivisibile la proroga di “Opzione donna” subordinata a un inasprimento e a una sovrapposizione di requisiti diversi. Questa misura è già fortemente penalizzante per effetto del ricalcolo contributivo ed è quindi sbagliato prevedere ulteriori condizionamenti.

A fronte di questi interventi sbagliati o parziali, restiamo convinti che serva una riforma strutturale del sistema pensionistico, che riporti equità e flessibilità, eliminando gli aspetti più iniqui; che incrementi il potere d’acquisto delle pensioni in essere e di quelle future; che costruisca una pensione di garanzia per i giovani; che riduca il gap retributivo e pensionistico tra uomini e donne; che riconosca maggiormente il lavoro di cura; che tuteli chi svolge mansioni gravose e usuranti. E che, in generale, consideri la sostenibilità sociale del sistema pensionistico, invece di valutare le pensioni unicamente come un costo.

Nella piattaforma unitaria di CGIL, CISL, UIL – che raccoglie anche le riflessioni e le rivendicazioni di SPI, FNP, UILP – sono contenute proposte concrete e realizzabili, per arrivare a una vera riforma organica del sistema.

Per questo, serve un tavolo di confronto con il Governo in cui affrontare i diversi punti contenuti nella piattaforma sindacale.

Va anche considerato che le misure restrittive adottate negli ultimi anni hanno determinato risparmi rilevanti per effetto del minor numero di prestazioni erogate rispetto a quanto previsto. Le future pensioni, inoltre, saranno liquidate prevalentemente o esclusivamente con il calcolo contributivo, che contiene di per sé fattori di stabilizzazione della spesa.

È necessario quindi introdurre una flessibilità nell’accesso alla pensione, permettendo a lavoratrici e lavoratori di poter scegliere quando andare in pensione, a partire dai 62 anni di età o con 41 anni di contributi a prescindere dall’età.

Contestualmente, vanno sensibilmente ridotti i vincoli che nel sistema contributivo condizio­nano il diritto alla pensione al raggiungimento di determinati importi minimi del tratta­mento (1,5 e 2,8 volte l’assegno sociale) e in questo modo penalizzano i redditi più bassi.

Occorre, inoltre, modificare l’attuale meccanismo automatico di adeguamento delle condizioni pensionistiche alla speranza di vita, doppiamente penalizzante, perché ag­isce sia sui requisiti anagrafici e contributivi di accesso alla pensione, sia sul calcolo dei coefficienti di trasformazione.

Bisogna anche scongiurare il rischio che lunghi periodi di congiuntura economica neg­ativa, come sta accadendo in questi ultimi anni, determinino effetti sfavorevoli sulle prestazioni pensionistiche.

Senza lavoro dignitoso non c’è pensione dignitosa e la priorità deve essere un lavoro stabile, di qualità e retribuito adeguatamente, senza il quale, peraltro, non ci potrà essere alcuna vera sostenibilità del sistema previdenziale, tanto più nel nostro sistema a ripartizione, in cui le pensioni in essere sono pagate con i contributi dei lavoratori. Tuttavia, visto il diffondersi dei lavori discontinui, del part time involontario e in genere dei lavori poveri, fenomeni che coinvolgono in particolare i più giovani e le donne, è necessario intervenire anche sul fronte previdenziale, per evitare nel futuro un’emergenza sociale devastante, considerando inoltre che chi rientra nel sistema contributivo non può contare neanche sull’integrazione al minimo della pensione. Per questo, chiediamo una pensione di garanzia, collegata ed eventualmente graduata rispetto al numero di anni di lavoro e di contributi versati, che consideri e valorizzi dal punto di vista previdenziale anche i periodi di disoccupazione, di formazione e di basse retribuzioni, per assicurare a tutte e tutti un assegno pensionistico dignitoso.

Il lavoro di cura non retribuito nei confronti di giovani, malati, persone anziane, persone con disabilità e non autosufficienti, svolto in prevalenza dalle donne di ogni età, è un fattore fondamentale del welfare del nostro Paese ed è necessario tenerne conto anche a livello previdenziale con misure adeguate.

Ribadiamo inoltre che si deve intervenire sulle modalità di rilevazione della spesa pensionistica. Nella spesa italiana come oggi viene statisticata dall’Europa incidono, infatti, molte voci che non hanno natura previdenziale e che non hanno corrispondenza nelle rilevazioni degli altri Paesi europei. Il peso della fiscalità sulle prestazioni pensionistiche, inoltre, ha una incidenza assai maggiore in Italia rispetto alle altre nazioni. Tutto questo finisce per determinare una rappresentazione fuorviante della spesa pensionistica del nostro Paese nella comparazione internazionale.

Per quanto riguarda specificamente pensionate e pensionati, chiediamo innanzitutto che sia maggiormente garantita la tutela del loro potere di acquisto.

Serve una indicizzazione piena di tutte le pensioni, per non penalizzare chi ha sempre rispettato le regole, versato i contributi e significativamente contribuito con le proprie imposte all’erario dello Stato. I continui interventi volti a comprimere l’indicizzazione degli assegni, reiterati dal 2011 ad oggi, costituiscono una violazione del patto che c’è tra cittadini pensionati e istituzioni, con danni sul reddito per milioni di famiglie.

Va inoltre rafforzata e ampliata la cosiddetta Quattordicesima, una misura fortemente voluta da SPI, FNP, UILP, che è oggi il principale strumento di rivalutazione delle pensioni da lavoro, valorizzando gli anni di lavoro e i contributi versati. Inoltre, proprio per il meccanismo con cui è costruita, per il fatto di tener conto solo del reddito individuale, la Quattordicesima è percepita in maggioranza da donne ed è quindi anche uno strumento di riduzione del divario pensionistico tra uomini e donne.

È poi necessario operare una diminuzione significativa della pressione fiscale, che sui pensionati italiani pesa circa il doppio rispetto alla media europea. E continuiamo a chiedere l’equiparazione del trattamento fiscale tra lavoro dipendente e pensione.

Restituire capacità di spesa ai pensionati è strategico anche per la tenuta dei consumi – soprattutto in questo momento difficile per l’Italia e per l’Europa – e per la creazione di ricchezza e di lavoro. La gran parte dell’industria italiana, infatti, lavora per i consumi interni e le persone anziane rappresentano quasi un quarto della popolazione. Sostenere i redditi dei pensionati vuol dire quindi anche sostenere l’economia, per il bene di tutto il Paese.

Le nostre proposte sono realistiche; sono attente alle esigenze di donne e uomini, di giovani, adulti e anziani, di lavoratori e pensionati; tengono conto dei profondi mutamenti avvenuti nel mondo del lavoro e nella società.

Siamo consapevoli della complessità della situazione, italiana, europea e internazionale, ma siamo convinti che le nostre analisi e le nostre rivendicazioni possano rappresentare un contributo importante per trovare soluzioni positive per il nostro Paese, a partire dalle persone anziane e pensionate, che rappresentano una grande risorsa economica e sociale, svolgono un ruolo fondamentale di sostegno alle famiglie e ancor più lo potranno svolgere domani se saranno messe nelle condizioni di farlo.


Torna alle pubblicazioni