Emilio Didonè in ricordo di Pierre Carniti, segretario generale Cisl 1979-1985
Presentazione del libro “Pierre Carniti, tentare l’impossibile per fare il possibile”
“E’ stata davvero opportuna e significativa la scelta di presentare il nuovo libro curato da Flo Carniti, sorella di Pierre, nel contesto della città di Vimodrone, dove Carniti ha risieduto per alcuni anni della sua vita, e dove oggi vive e abita la mia cara amica Vanna Carniti, anche ei sorella di Pierre.
Quando Vanna mi ha invitato ho detto subito: ci sarò e ci sono!
Ricordare Pierre Carniti qui, oggi, è per me un grande privilegio ma non è certo ‘cosa’ semplice alla presenza delle sue e di Sandro Antoniazzi che ne portano testimonianza diretta di vita vissuta e di vita sindacale con Pierre. La sua storia continua a rappresentare una sorgente preziosa per la Cisl, per il sindacato, per i giovani sindacalisti, per il mondo del lavoro e per il sottoscritto, soprattutto in questa stagione di guerre e di continui mutamenti del quadro sociale e politico nazionale, europeo e mondiale.
A cinque anni dalla sua scomparsa, non dobbiamo stancarci di ricordare il suo profilo di ‘vero’ sindacalista: il suo profilo di uomo e politico ‘perbene’ e di grande protagonista dell’Italia della seconda parte del Novecento. Di certo Pierre Carniti è da molti considerato uno dei più grandi sindacalisti di tutti i tempi, se non il migliore!
Io non appartengo alla generazione che ha vissuto attivamente la stagione di Carniti, non l’ho conosciuto di persona. In verità, nel 1984 ricordo quando ho partecipato, con altri colleghi dell’Int, ad una grande assemblea di lavoratori a Milano dopo l’accordo di San Valentino, dove Carniti fu anche in parte contestato, per me è stata una prima esperienza sindacale appassionante, nonostante la mia totale ignoranza in merito ai temi trattati.
Ho ancora memoria di quella mattinata, della chiarezza del suo linguaggio senza fronzoli e giri di parole. In quella sala piena all’inverosimile, si avvertiva la leadership naturale di Carniti, la credibilità personale, la passione per il sindacato, per i lavoratori e per le lavoratrici, per il bene comune, per il ‘fare giustizia sociale insieme’ che poi ho ritrovato nel mio percorso sindacale, nei suoi scritti e testimonianze, che Pierre ha lasciato e consegnato ai sindacalisti della mia generazione, a quelli di oggi e di domani.
Pierre ha sempre concepito il sindacato come azione collettiva da ‘fare insieme e da comunicare insieme’, dentro e fuori il cerchio ristretto del mondo sindacale. Oltre al ‘sindacato di azione da fare insieme’, Carniti ha sempre accostato il ‘sindacato dell’immagine e della comunicazione’ rivolto all’esterno della cerchia ristretta del solo sindacato. Per quei tempi fu un vero e proprio cambio di paradigma, un modo per rompere il silenzio pubblico che circondava il sindacato, quando giornali, tv e media ne snobbavano l’esperienza.
Nel ricordare la figura di Pierre Carniti, il primo aspetto che voglio sottolineare è la sua indole ostinata e tenace, accompagnata da un profondo rispetto degli altri e delle persone, che lo hanno sempre contraddistinto in tutta la sua attività sindacale e poi politica.
Nel ripercorrere la sua biografia mi ha colpito il suo coraggio di cambiare idee e strategie per affrontare, in modo più flessibile, i cambiamenti dei contesti economico, politico e sindacale senza mai ‘passare’ per opportunista o addirittura per un voltagabbana. E mi anche ha colpito la sua innata leadership, quella sua ‘forza’ di persuasione e di inclusività, quella sua capacità di raccogliere consenso attorno ai suoi progetti sindacali e politici, dentro e fuori la Cisl, di generazioni diverse e di posizioni politiche lontanissime tra loro, anche di persone che fino ad un attimo prima erano su convinzioni diametralmente opposte.
Per Carniti la priorità era quella di allargare, di includere, di fare nuove alleanze. Per Carniti, prima di tutto, era una questione di programmi: di ‘cosa fare’, di ‘dove andare’ e di ‘come fare’, sempre con lo sguardo rivolto al futuro per centrare l’obiettivo, senza mai recriminare sul passato.
Un altro aspetto rilevante di Pierre è certamente quello del rapporto con la formazione e il sapere, con la conoscenza e competenza: uno stimolo importante per tutta la sua azione futura di orientamento strategico.
Pierre Carniti cominciò a fare il sindacalista a 21 anni e lasciò volontariamente la Confederazione al congresso Cisl del 1985, l’anno dopo la vittoria nel referendum sulla scala mobile. Quando concluse il suo percorso sindacale, Carniti aveva solo 49 anni: degna conclusione di una leadership così carismatica. E diciamocela tutta: ritirarsi a quella età era già particolare a quei tempi ma oggi sarebbe veramente un caso eccezionale!
Sappiamo che Carniti rifiutò la prima chiamata della Cisl al già ‘mitico’ Centro Studi di Firenze nel 1955 (non poteva permetterselo per motivi economici) e partecipò, com’è noto, al celebre corso ‘lungo’ nel 1956, un’annata particolarmente ricca di talenti per la Cisl poiché suoi compagni furono, tra gli altri, Eraldo Crea, Mario Colombo, Franco Marini.
L’impegno di Carniti è sempre stato rivolto alla valorizzazione della capacità di innovazione che è propria della Cisl fin dalle sue origini: proprio nella scuola di Fiesole, ancora oggi militanti e futuri dirigenti provenienti dal mondo della produzione si incontrano con economisti, i giuslavoristi e i sociologi dell’Università cattolica, e non solo. Pierre qui ha conosciuto i laici Gino Giugni e Federico Mancini, che furono poi protagonisti della regolamentazione delle relazioni industriali nel nostro Paese. Singolare sono le testimonianze sul suo rapporto intenso e dialettico con Vincenzo Saba, braccio destro di Mario Romani e, all’epoca, direttore del Centro Studi di Firenze.
Con una scelta innovativa e non casuale, una volta terminato il ‘corso lungo’, i sindacalisti di allora usciti dal Centro di Firenze, venivano inviati, non nel territorio di provenienza, ma in strutture diverse, con un sostegno economico di un paio di anni da parte della Confederazione nazionale.
Carniti è sempre stato, sempre e prima di tutto, un sindacalista della Cisl. La sua vita sindacale è stata, tra l’altro, per metà circa in categoria e la restante metà in Confederazione, vissute entrambe con un grande senso di appartenenza ma con un unico paradigma: mai mettere in discussione la Cisl. Certo è stato uno dei più convinti sostenitori dell’unità sindacale ma per Carniti nessuna unità si sarebbe potuta fare, a prescindere, se non su programmi e strategie ben definite. La casa di Carniti è sempre stata la Cisl anche nei momenti di più aspro ‘confronto’ tra la sua stessa categoria Fim e la Confederazione.
La storia personale di Carniti, com’è noto, si è intrecciata con la crescita impetuosa del lavoro industriale nell’area milanese. E proprio a Milano, intorno alla figura del futuro segretario della Fim e della Cisl, cominciò ad animarsi e raccogliersi un mondo ‘culturale’, cattolico e non, che sarà importantissimo negli anni successivi per la Cisl di Via Po e per le relazioni industriali italiane in generale: pensiamo, ad esempio, a Guido Baglioni, Bruno Manghi, Gian Primo Cella, Tiziano Treu.
Nel 1964 ci fu il primo viaggio di Carniti negli Stati Uniti con la tappa più importante a Detroit, dove incontrò il sindacato americano dell’auto per ‘confrontarsi’ in merito agli aumenti diretti del salario in base alle performance aziendali, alle pensioni integrative, all’assistenza sanitaria, al tema delle qualifiche sul posto di lavoro, al controllo della linea di produzione, al risparmio contrattuale, al welfare negoziato: tutti temi di grande attualità ancora oggi.
Tra i compagni di strada, a Milano e poi a Roma, merita un ricordo particolare Pippo Morelli, con la sua passione per l’educazione degli adulti che aprirà le porte alla straordinaria esperienza delle 150 ore per il diritto allo studio e di un approccio alla formazione che Carniti definì ‘pratica di libertà e processo di liberazione’ dove il ‘sapere non ha padrone’.
Nella storica vertenza dei metalmeccanici del 1969 Carniti seppe guidare le istanze di cambiamento. Molti anni dopo, commentando le vicende dell’autunno caldo, lui stesso disse: ‘Dal ’69 fummo tutti cambiati. Da quell’esperienza uscimmo con un bagaglio di nuove conquiste, prima fra tutte, il riconoscimento della dignità del lavoro e del lavoratore, e il suo diritto di cittadinanza’. Ecco un grande e attuale insegnamento: dal clima di cambiamento non bisogna rifuggire; esso va compreso, confrontandosi, per farne occasione di nuove conquiste, sociali e politiche.
Paradossalmente, Carniti è stato il sindacalista che più credette nella ricomposizione dell’unità sindacale ma fu anche quello che da segretario generale della Cisl dovette gestire il momento della divisione sulla scala mobile, un meccanismo che era divenuto una delle maggiori cause di instabilità finanziaria.
Un altro elemento che voglio ricordare oggi è quando, e quanto, Carniti, abbia saputo accompagnare la Cisl in quel periodo storico: un sindacato autonomo dai partiti politici, partecipativo, responsabile nell’accezione più alta della parola.
In particolare, Pierre, da sempre e in misura crescente con il passare degli anni, ha affiancato alla ‘normale’ presenza del conflitto nel contesto delle relazioni sindacali, la partecipazione e la capacità di visione, a partire dal ruolo economico e sociale intrinseco del sindacato, in particolare con il protagonismo della contrattazione collettiva nei posti di lavoro.
Il tema della democrazia economica e della partecipazione dei lavoratori nelle imprese e nelle istituzioni, com’è noto, è stato centrale fin dalle origini nelle concezioni della Cisl, ma anche per Carniti, e ancora oggi tema di grande attualità.
Voglio ricordare la proposta di legge di iniziativa popolare della Cisl sulla ‘Partecipazione dei lavoratori, volta all’applicazione dell’articolo 46 della Costituzione, che prevede il diritto dei lavoratori a collaborare alla gestione delle aziende’.
È una proposta che vuole riaprire il dibattito sulle relazioni industriali in Italia, in una prospettiva europea. È una proposta che riguarda il tema della partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese, secondo una linea già indicata dalla Cisl con il c.d. ‘Risparmio contrattuale’ proposto da Bruno Storti nel 1961 e, appunto, con il Fondo di solidarietà sostenuto proprio da Pierre Carniti nel 1980.
Infatti, tra gli orizzonti di Pierre Carniti, vi è stata una progressiva attenzione al ‘ruolo economico del sindacato’, e la sua stretta collaborazione con l’economista Ezio Tarantelli, ucciso dalle Brigate Rosse il 27 marzo 1985.
Tra le sue proposte innovative, anche se non fortunata in quel periodo, va proprio ricordato la riflessione sull’importanza del sindacato e dei lavoratori stessi come motori dello sviluppo territoriale, alla base dell’idea avanzata dello 0,50% di risparmio/investimento contrattuale denominato ‘Fondo di solidarietà’.
La proposta Carniti delineava, allora, uno strumento innovativo di programmazione e partecipazione economica dal basso che avrebbe dovuto essere alimentato dallo 0,50% dei singoli salari su base volontaria, in favore di investimenti rivolti in primis al Mezzogiorno e alle aree periferiche.
Una proposta che puntava a portare ‘il peso politico del sindacato confederale direttamente nel cuore dei processi di formazione e destinazione delle risorse, non mutando la propria natura, ma un tentativo per oltrepassare un spartiacque storica di ripartizione dei ruoli tra Stato e società, tra politica ed economia’.
Se vogliamo soffermarci ancora un momento sul senso puramente sindacale di Carniti, va ricordato anche il suo quasi estremizzare alcune concezioni della Cisl delle origini. Si pensi all’idea che gli associati iscritti al sindacato dovessero avere dei vantaggi rispetto ai lavoratori non iscritti indifferenti alla dimensione collettiva di bene comune e di sindacato, ma pronti a godere dei risultati e dei vantaggi dell’azione sindacale.
E non possiamo dimenticare ovviamente il passaggio fondamentale del 1984, di un segretario generale Cisl, in precedenza grande artefice dell’unità sindacale che compì, con grande coraggio, invece, una rottura storica con l’accordo di San Valentino del 14 febbraio 1984 tra Governo e sindacati, che non ebbe la firma della Cgil.
Quell’accordo modificava profondamente il meccanismo della cosiddetta ‘scala mobile’, sistema di rivalutazione automatica dei salari in base all’andamento dell’inflazione che si era però dimostrato dannoso proprio per la tutela del potere d’acquisto delle retribuzioni, e che salvò l’Italia dalla bancarotta.
Fu proprio Pierre Carniti a sottolineare che una forza sindacale matura deve dare il suo contributo nel fermare l’inflazione, intesa non solo come crescita incontrollata del costo della vita, ma come fattore di divisione e di impedimento di qualsiasi crescita giusta.
Su questo, com’è noto, avvenne lo scontro con la parte maggioritaria della Cgil e la crisi definitiva della Federazione unitaria Cgil Cisl Uil.
Una rottura, è bene ricordarlo, avvenuta non tanto sul merito di come affrontare la spirale inflazionistica a due cifre, ma sulla pregiudiziale operata dal Partito Comunista guidato da Enrico Berlinguer sulla non possibilità, per il sindacato, di assumere un ruolo autonomo nel negoziato con il Governo, a prescindere dai condizionamenti esterni.
La stagione di Pierre Carniti alla guida della Cisl è stata tra le più rilevanti e le più complesse nella storia del sindacato confederale e della stessa Cisl.
Negli anni della più dura contestazione a un ordine economico che separava il progresso materiale da quello sociale, così come negli ultimi anni del suo mandato da segretario generale, Pierre Carniti ha operato con una direttrice e con obiettivi ben chiari: rimuovere i profondi squilibri, le diseguaglianze, le ingiustizie più gravi che tormentavano il mondo del lavoro italiano.
Le sue scelte sono sempre state ispirate al senso dell'ideale che qualifica la pratica quotidiana nel sindacato. Proprio anche all’impegno di Carniti si deve la nascita dei primi consigli dei delegati, come strutture che favorissero la democrazia e la partecipazione dei lavoratori nei luoghi di lavoro. Nelle belle pagine che lui stesso ha dedicato al mestiere del sindacalista, viene evocato il senso di responsabilità e di attenzione al cambiamento, necessario per evitare di richiudersi in una logica difensiva nell'illusione di vagheggiare l'avvenire senza saper gestire il presente.
Pierre Carniti ha cercato sempre di cogliere le potenzialità del sindacato in costante raccordo tra pensiero e azione con grande fiducia nell'azione collettiva per la sua concretezza e per i suoi valori.
Il suo esempio e le sue parole oggi spingono a riscoprire il desiderio e la passione di fare il sindacato, di combattere sempre le buone battaglie, con tenacia e passione, nel momento delle vittorie e nel momento delle sconfitte.
Oggi ho avuto l’onore di ricordare qui Pierre Carniti, di ricordare a tutti noi la tenacia, la pazienza, la passione e l’intelligenza di un uomo che ha saputo accompagnare la Cisl in uno dei periodi più tragici e violenti della storia del nostro Paese.
E non dimentico il sentimento di solidarietà umana verso gli altri di Pierre Carniti, testimoniata anche dalle amare considerazioni con cui si è soffermato sul caso di Giuseppe Taliercio, il dirigente del Petrolchimico di Porto Marghera ucciso dalle Brigate Rosse il 5 luglio 1981 dopo una lunga prigionia. Ricordando, pochi mesi prima di morire, l’incontro con la moglie di Taliercio avvenuto anni prima, scrive: ‘Ogni tanto mi chiedo se si poteva fare qualcosa di più’.
Una riflessione tormentata e sincera di un grande dirigente sindacale dalle profonde doti morali. Un vero leader che ha incarnato i valori e le idee forti di un sindacato che ha cercato di reggere la sfida delle tante contraddizioni e resistenze al cambiamento che caratterizzano il nostro Paese, resistenze che si sono opposte e che anche oggi si oppongono alla piena realizzazione della dignità delle persone che lavorano e dei diritti di piena cittadinanza per i lavoratori, per i pensionati e per le loro famiglie.
Un altro aspetto della figura di Carniti poco conosciuto ma che merita di essere ricordato nell’Italia dove ci sono cinque milioni di poveri è il suo impegno per la lotta alla povertà, espresso anche nella Commissione sulla povertà e emarginazione sociale in Italia. Un lavoro che ha fatto da incubatore a idee, progetti e conquiste che in parte si stanno realizzando, attraverso l’istituzionalizzazione delle forze che si occupano di povertà, tramite l’Alleanza contro la povertà in Italia, e attraverso il varo di misure strutturali per combatterla come il reddito di inclusione.
Pierre si è sempre definito un ‘cristiano nella sinistra’, e l’eredità politica che ci ha lasciato è molto grande. Guardando all’impegno sociale, civile e politico di Pierre Carniti, possiamo trarre fondamentali lezioni su come affrontare il presente e l’avvenire. La sua straordinaria figura di cattolico, sindacalista e politico sono un riferimento per il futuro della Cisl e per i giovani sindacalisti. E forse il lascito più importante da parte di questo grande segretario generale della Cisl è la sua concezione positiva e propositiva dell’autonomia del sindacato.
Non è un caso, e concludo, che il premio Pierre Carniti, istituito dall’Associazione Pierre Carniti patrocinata dalla Cisl, rappresenti ancora oggi un importante strumento di dialogo del sindacato con i giovani che si occupano di ricerche sul lavoro e sulla sua rappresentanza.
Sta a noi oggi riflettere in modo non meramente celebrativo sulla sua figura ma cogliere questa occasione per verificare cosa di più possiamo fare per dare continuità a quei valori e alla sua testimonianza di vita.
Grazie del cortese invito, grazie di questa opportunità che mi avete offerto, e grazie anche di avermi fatto ritornare giovane per un giorno.
Buona vita a tutti!"
Il segretario generale Fnp Cis, Emilio Didonè
Vimodrone, sabato 12 ottobre 2024