Rapporto OCSE, i giovani che hanno iniziato a lavorare nel 2016 andranno in pensione a 71 anni
Il Rapporto biennale dell'OCSE “Uno sguardo sulle pensioni” (Pensions at a Glance), pubblicato il 5 Dicembre 2017, offre una panoramica sulle riforme pensionistiche emanate nei 35 paesi membri tra il Settembre 2015 e il Settembre 2017.
Qui di seguito riportiamo un quadro riepilogativo del Rapporto, che ripropone i dati di scenario più rilevanti, risultanti dall'analisi fatta dall'Organizzazione, e una previsione degli sviluppi futuri più probabili (in base alla legislazione vigente al momento negli stati membri).
Il Rapporto OCSE completo è consultabile su questo link.
Dati Generali
Dal 2015, sia il ritmo che la diffusione delle riforme pensionistiche adottate nei paesi dell'OCSE sono notevolmente rallentati; il miglioramento delle finanze pubbliche in molti stati membri − dopo la crisi finanziaria del 2008 – ha infatti ridotto la pressione degli ultimi anni a riformare i sistemi previdenziali.
Se la maggior parte degli stati ha continuato a legiferare – con minor forza e vigore − nella direzione intrapresa dopo la crisi, il Canada, la Repubblica Ceca, la Finlandia, la Grecia e la Polonia hanno invece legiferato massivamente in materia, con misure che hanno fortemente invertito le tendenze di quelle precedentemente adottate.
Nel complesso, circa un terzo dei paesi dell'OCSE (tra cui Israele, Ungheria, Finlandia, Canada, Australia, Grecia, Lettonia e Repubblica Slovacca) ha modificato il livello dei contributi per età o per reddito e un altro terzo (dodici paesi: Canada, Finlandia, Belgio Francia, Grecia, Islanda, Italia, Giappone, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Svizzera) quello dei trattamenti pensionistici, per tutti o solo per alcune categorie di pensionati.
Mentre sette paesi (Irlanda, Israele, Lettonia, Australia, Canada, Francia, Germania) hanno modificato la normativa fiscale relativa alle pensioni, altri tre paesi (Canada, Grecia e Repubblica Slovacca) hanno variato quella relativa alla pensione minima.
Quattro paesi (Giappone, Turchia, Germania, Finlandia) hanno aumentato la copertura pensionistica e l'età di pensionamento stabilita per legge è stata modificata in sei paesi.
Finalità e direzione delle modifiche legislative cambia, spesso in maniera consistente, da paese a paese.
Dal punto di vista dell'OCSE tuttavia - anche tenendo conto dei progressi compiuti - permangono preoccupazioni sulla sostenibilità finanziaria e sull'adeguatezza delle pensioni.
La spesa per le pensioni, dal 1990 - per quanto riguarda il Pil dei paesi OCSE nel suo complesso - è infatti aumentata di circa il 2,5%; e dell'1,5% dal 2000.
Si prevede che aumenti ulteriormente nel prossimo futuro - anche se a un ritmo più lento - nella maggior parte dei paesi dell'OCSE.
Le preoccupazioni dell'Organizzazione sono in particolare legate a due ordini di ragioni: il costante aumento dell'aspettativa di vita delle persone e la natura sempre più mutevole e liquida del lavoro.
Quanto al primo problema, si calcola che dal 1970 l'aspettativa di vita a 60 anni sia aumentata, in media nei paesi OCSE, da 18,0 a 23,4 anni.
Entro il 2050, l'aspettativa di vita media a 60 anni dovrebbe salire a 27,9 anni.
Inoltre, con l'uscita dal mercato del lavoro della generazione dei “baby boomers”, gruppi di persone sempre maggiori stanno andando in pensione e sempre meno persone verseranno contributi (anche a causa dei sempre più bassi tassi di fertilità registrati).
Quanto al secondo problema, la maggior parte dei sistemi pensionistici si fonda ancora sull'idea che le persone entrino nel mercato del lavoro dopo aver terminato la scuola, che trovino un lavoro stabile a tempo pieno (continuativamente presso lo stesso datore di lavoro), e che vadano in pensione intorno ai 65 anni.
Tali modelli di carriera si stanno in realtà estinguendo e, soprattutto, potrebbero presto non corrispondere più alle nuove esigenze delle persone.
La nuova fotografia sul mondo del lavoro mostra uno scenario di carriere lavorative sempre più irregolari in cui le persone cambiano più frequentemente lavoro; cambiano, di conseguenza, le tipologie contrattuali e il numero di ore.
Inoltre, il progresso tecnologico sta trasformando profondamente il mercato del lavoro, rendendo obsoleti alcuni compiti e alcuni mestieri e imponendo ai lavoratori di adeguare le proprie competenze a un ambiente in rapida evoluzione.
Le riforme attuate nei paesi OCSE negli ultimi due anni
Negli ultimi due anni, l'età di pensionamento stabilita per legge è stata modificata in sei paesi. Mentre Danimarca, Finlandia e Paesi Bassi hanno stabilito nuove misure per un suo aumento, altri tre paesi hanno invece effettivamente ridotto l'età pensionabile: si tratta – nel secondo caso − del Canada (che ha scelto di non attuare l'aumento dell'età pensionabile fino a 67 anni previsto nelle legislazioni degli scorsi anni); della Repubblica Ceca (che non aumenterà più l'età pensionabile oltre i 65 anni, come precedentemente stabilito) e della Polonia (che ha invertito l'aumento previsto a 67 anni con età pensionabile che scende a 65 anni per gli uomini e 60 per le donne).
Considerate le legislazioni attuate dai paesi (sia negli ultimi due anni che precedentemente) l'età media di pensionamento dei paesi dell'OCSE nel suo complesso aumenterà di 1,5 anni per gli uomini e di 2,1 anni per le donne, raggiungendo poco meno di 66 anni intorno al 2060. In particolare aumenterà, per gli uomini, dal dato OCSE medio attuale di 64,3 anni a 65,8; per le donne da 63,4 a 65,5 anni.
Date le premesse precedentemente descritte, e assumendo il caso di una lavoratore con carriera non discontinua che sia entrato nel mondo del lavoro nel 2016, l'età di pensionamento aumenterà in circa la metà dei paesi dell'OCSE mentre non è prevista in aumento in 17 paesi, tre dei quali (Islanda, Israele e Norvegia) hanno già un'età pensionabile di 67 anni.
L'età pensionabile rimarrà al di sotto dei 65 anni in Francia, Grecia, Lussemburgo, Slovenia e Turchia per i lavoratori che abbiano maturato una carriera lavorativa non discontinua.
L'età pensionabile futura varierà dunque enormemente, andando da 59 anni in Turchia (solo donne) e 60 anni in Lussemburgo e Slovenia a circa 74 anni in Danimarca.
Se buona parte dei paesi ha precedentemente concordato incrementi dell'età pensionabile fissi per i prossimi anni, alcuni sono andati oltre e hanno collegato l'età pensionabile all'aspettativa di vita (Danimarca, Finlandia, Italia, Paesi Bassi, Portogallo e Repubblica Slovacca).
Solo Israele, Polonia e Svizzera manterranno un divario di genere nell'età pensionabile.
In Italia, nel 2016, l'età media di pensionamento è stata 66,6 anni per gli uomini e 65,6 anni per le donne, rispetto alla media OCSE di 64,3 anni per gli uomini e 63,7 per le donne.
Per la generazione dei nati nel 1996 che siano entrati nel mondo del lavoro a vent'anni e che matureranno una carriera lavorativa senza interruzioni, l'età di pensionamento (secondo le regole vigenti al momento) sarà 71 anni e due mesi.
Sarà l'età pensionabile più alta fra i paesi dell'OCSE dopo la Danimarca.
Secondo l'OCSE, l'aumento dell'età pensionabile negli ultimi decenni - nel complesso dei paesi membri − ha contribuito a migliorare l'occupazione dei lavoratori più anziani.
L'Organizzazione fa osservare che, sebbene i tassi di occupazione diminuiscano ancora fortemente dopo i 50 anni, i tassi di occupazione delle persone di età compresa tra 55 e 64 sono aumentati notevolmente nella maggior parte dei paesi membri negli ultimi due decenni e in media dal 44% nel 2000 al 58% nel 2016.
Considerate le leggi al momento vigenti, il tasso di sostituzione netto futuro, nei sistemi pensionistici obbligatori (per i lavoratori che percepiscano un reddito medio in una prospettiva di carriera lavorativa non discontinua e che entrino nel mondo del lavoro oggi), è pari al 63% della media dei paesi OCSE.
Tuttavia, le interruzioni di carriera riducono significativamente i conseguenti trattamenti pensionistici; considerati i bassi tassi di occupazione delle fasce giovanili e di quelle anziane, una carriera stabile e continuativa potrebbe non essere una cosa comune in futuro e comportare un alto rischio di povertà per le future generazioni di anziani.
Il Rapporto OCSE “Pensions at a Glance 2017” offre anche una visione comparata delle politiche sul pensionamento graduale e flessibile adottate nei paesi membri; e suggerisce i modi in cui - dati l'allungamento dell'aspettativa di vita, la costante diversificazione delle mansioni lavorative ed il crescente desiderio di una maggiore autonomia nell'ambito delle decisioni individuali sulle modalità di pensionamento − i paesi possano optare per regolamentazioni di pensionamento più flessibili.
Attualmente soltanto il 10% degli europei fra i 60 e i 69 anni combina lavoro e pensione. La maggior parte dei sistemi pensionistici dell'OCSE consente opzioni di combinazione tra lavoro e pensione dopo l'età di pensionamento stabilita per legge, sebbene con alcuni disincentivi.
Disincentivi in quest'ambito sono presenti in Australia, Danimarca, Grecia, Israele, Giappone, Corea e Spagna.
In Francia, i pensionati che lavorano e che allo stesso tempo ritirano in modo completo la pensione non guadagnano diritti pensionistici aggiuntivi nonostante il pagamento dei contributi.
La situazione è più complessa quando si parli di flessibilità prima dell'età pensionabile stabilita per legge.
La possibilità di andare in pensione prima dell'età pensionabile stabilita per legge è fortemente limitata in più della metà dei paesi OCSE.
In altri quindici paesi è invece permesso andare in pensione alcuni anni prima (con le prestazioni pensionistiche ridotte secondo i relativi necessari aggiustamenti).
Mentre undici paesi consentono di combinare lavoro e pensione anticipata entro certi limiti, solo pochi prevedono opzioni di pensionamento parziale anticipato (tra questi l'Australia, la Repubblica Ceca, la Francia, i Paesi Bassi).
Cile, Repubblica Ceca, Estonia, Italia, Messico, Norvegia, Portogallo, Slovacchia e Svezia offrono opzioni di pensionamento decisamente flessibili rispetto allo scenario generale dei paesi OCSE nel suo complesso: agevolando la combinazione di lavoro e pensione dopo l'età pensionabile, prevedendo una ricompensa in caso di posticipo della pensione e non penalizzando eccessivamente il pensionamento anticipato.
Complessivamente, per i lavoratori con una carriera lavorativa non discontinua, l'età per andare in pensione diventa più flessibile intorno all'età pensionabile stabilita per legge: è il caso del Cile, dell'Italia, della Repubblica Ceca, dell'Estonia, del Messico, della Norvegia, del Portogallo, della Slovacchia, e della Svezia.
Infine, posticipare il pensionamento porterà a maggiori diritti pensionistici nella grande maggioranza dei paesi; sono già ampi in Estonia, Islanda, Giappone, Corea, e in particolare in Portogallo.