RSA e Case di riposo, un cortocircuito non solo italiano
Gli organi di informazione tutti i giorni ci raccontano della vera e propria strage che è avvenuta nelle RSA, dove tanti anziani sono stati falcidiati dal coronavirus. Le stesse notizie arrivano da tutti i Paesi colpiti dalla pandemia, a dimostrazione di un cortocircuito grave avvenuto a livello mondiale, conseguenza di un inaccettabile abbandono dei nostri anziani.
In Italia il caso al quale è stato riservato maggiore risalto è quello del Pio Albergo Trivulzio dove sino ad oggi sono state accertate 143 vittime. È stata aperta un'inchiesta e aspettiamo quindi che si faccia luce su ciò che è avvenuto e che si individuino i responsabili. Ma in tutta Italia, a parte casi virtuosi come l'Emilia Romagna, sono numerose le RSA dove si sono verificati numerosi decessi a causa di una gestione inadeguata della pandemia e altrettanto numerose sono le inchieste avviate. Sono in corso anche indagini dei Nas che stanno riscontrando gravi irregolarità in questi servizi residenziali, alcuni dei quali sono stati chiusi; mancanza dei requisiti organizzativi, strutturali ed assistenziali per curare persone non auto-sufficienti; gravi insufficienze igienico-sanitarie, in materia di sicurezza alimentare e di sicurezza sui luoghi di lavoro; mancanza di autorizzazione al funzionamento, limitato numero di addetti all'assistenza, gravissime carenze organizzative nella gestione di pazienti Covid-19, assenza di dispositivi di protezione individuale e di formazione del personale; maltrattamenti e contenzione; case di riposo abusive e senza autorizzazione, abbandono di anziani e mancata assistenza e custodia, esercizio abusivo della professione sanitaria e uso di false attestazioni di possesso di autorizzazione all'esercizio e di titoli professionali validi, etc.
La nostra Federazione più volte ha richiamato l'attenzione su questa ulteriore criticità in un contesto già di per sé emergenziale, e, come sapete, lo scorso 6 aprile, insieme a SPI e UILP, ha inviato una lettera al Ministro della Salute, al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, al Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome e al Presidente dell'Anci, per richiedere un intervento urgente.
Si tratta, appunto, di un'emergenza nell'emergenza che ha richiesto un'attenzione particolare da parte delle Istituzioni.
SURVEY SUL CONTAGGIO DA COVID NELLE RSA
L'Istituto Superiore di Sanità, infatti, in collaborazione con il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, sta conducendo dal 24 marzo un'indagine sul contagio Covid-19 nelle strutture residenziali e socio sanitarie. L'obiettivo è quello di monitorare la situazione e adottare eventuali strategie di rafforzamento dei programmi e dei principi fondamentali di prevenzione e controllo delle infezioni correlate all'assistenza.
Ad oggi, sono state pubblicate a cadenza periodica, tre report. Anche l'ultima indagine dell'ISS conferma gravi carenze organizzative delle strutture nella gestione delle malattie infettive e in particolare di pazienti Covid-19: mancanza di Dispositivi di Protezione Individuale (DPI), di informazioni ricevute circa le procedure da svolgere per contenere l'infezione e difficoltà nell'eseguire tamponi, scarsa possibilità di disporre di una stanza singola per i residenti con infezione confermata o sospetta e la possibilità di isolare i pazienti in una struttura dedicata. L'effetto di queste carenze, lo sappiamo bene, ha significato trasformare i servizi residenziali in focolai di infezioni e causare la morte di tanti esseri umani.
Siamo in attesa della quarta indagine, del cui contenuto vi informeremo, così come fatto con quelli precedenti.
COME VENGONO RACCOLTI I DATI
La fonte dei dati è costituita dalle risposte ad un questionario che l'ISS ha inviato a 3.420 RSA (strutture sanitarie e sociosanitarie residenziali pubbliche e/o convenzionate a contratto, che accolgono persone prevalentemente con demenza), presenti in tutte le regioni italiane incluse nel sito dell'Osservatorio Demenze dell'ISS. I dati sono stati forniti dai referenti delle RSA su base volontaria.
Secondo il GNPL National Register - la banca dati realizzata dal Garante nazionale per la geolocalizzazione delle strutture sociosanitarie assistenziali sul territorio italiano - le RSA nel nostro Paese sono 4.629 (pubbliche, convenzionate e private). Si sta procedendo ad un confronto fra le due fonti di dati per poter inviare il questionario, in una seconda fase, a tutte le strutture.
Lo studio ha coinvolto ad oggi 3.276 RSA (96% del totale) distribuite in modo rappresentativo in tutto il territorio nazionale. Al 14 aprile hanno risposto al questionario 1.082 strutture ubicate soprattutto in Lombardia, Toscana, Veneto, Piemonte, Emilia Romagna. Il tasso di risposta è stato del 33%, con un'ampia variabilità regionale dallo 0% (Valle d'Aosta e Basilicata) a oltre il 50% per il Molise, Sicilia e Puglia. Si rileva che questa variabilità è dovuta sia al limitato tempo trascorso dall'invio dei questionari, che dal numero assoluto di strutture presenti nelle Regioni sopra citate.
In attesa dei risultati completi della ricerca e della loro analisi da parte dell'ISS, riteniamo utile fare alcune brevi e parziali osservazioni a sostegno delle nostre rivendicazioni.
I dati forniti dalle residenze in oggetto su base volontaria, non sono accompagnati da una verifica sul campo ed è facile dedurre che, nella maggior parte dei casi, la realtà circa l'organizzazione e i servizi socio-sanitari effettivamente garantiti, sia ben diversa da quella dichiarata dalle strutture stesse. Anche l'Istituto sottolinea che in questa tipologia di studi esiste una distorsione delle risposte e probabilmente molte RSA, Case di Riposo, etc., in una situazione più critica non partecipano a queste iniziative.
Circa l'11% delle strutture ha dichiarato di non avere medici in attività al suo interno, mentre il numero di infermieri, educatrici professionali, fisioterapisti, animatrici, OSS, etc., non viene messo a confronto con gli standard minimi di personale previsti dalla normativa nazionale e da ogni Regione in modo da verificarne le eventuali carenze. Idem per gli standard strutturali e ambientali.
L'indagine, ovviamente, non arriva a censire tutti i centri residenziali soprattutto quella miriade di luoghi (Case di Riposo, Case famiglia, Residenze Assistite, etc.), impropriamente definite socio-assistenziali e quindi soggette a un numero inferiore di leggi e requisiti sanitari rispetto alle RSA e che, pertanto, sfuggono più facilmente ai controlli. Molto spesso si tratta di strutture abusive e senza autorizzazioni, dove regnano il degrado e l'illegalità e che ripetutamente vengono chiuse dai NAS.
Anche nel rapporto dell'ISS, non si conosce il numero esatto delle strutture presenti sul nostro Paese:
- 420 secondo l'Osservatorio Demenze dell'ISS;
- 629 secondo il GNPL (Garante Nazionale Privati Libertà);
- 829 secondo il Ministero dell'Interno.
Dal 1° febbraio ad oggi ciascuna struttura avrebbe applicato, per la gestione del paziente, in media 14 contenzioni (procedure che impediscono ad una persona il movimento libero del proprio corpo), per un totale di 14.118. La variabilità regionale è elevata e deve essere accuratamente studiata. È stato rilevato un incremento dell'uso di psicofarmaci, un aumento di incidenti, azioni conflittuali, aggressioni, cadute.
Ricordiamo che l'articolo 13 della Costituzione Italiana stabilisce che: “La libertà personale è inviolabile”, dunque la contenzione fisica-meccanica, farmacologica e ambientale è reato. Ciononostante, questa pratica continua a essere diffusa nelle strutture sanitarie e nelle case di cura per anziani, spesso viene giustificata da chi la adotta dall'esigenza di proteggere il paziente e preservare la sua incolumità.
Nel 92,7% dei casi le strutture sono dotate di un registro per la contenzione fisica e per il suo monitoraggio, ma questo non è sufficiente per avere un quadro veritiero di quanto e di come la contenzione venga applicata solo nei ristrettissimi casi previsti dalla legge.
In accordo al DPCM 08/03/2020 tutte le strutture hanno vietato le visite di familiari/badanti ai familiari ricoverati. Divieto confermato nel DPCM 26/04/2020. Quasi tutte le strutture hanno dichiarato di aver adottato forme di comunicazione con i familiari/badanti alternative alle visite presso la struttura come telefonate, videochiamate, ricorso ai social ed invio di email.
Anche su questo fronte, dobbiamo impegnarci affinché - contrariamente a quanto è accaduto in seguito al Covid-19 - siano rispettati i familiari, ma soprattutto il familiare che si prende cura della persona non autosufficiente la cui posizione “deve essere riconosciuta e tenuta in considerazione come tale in tutte le politiche sanitarie e di protezione sociale. Questo riconoscimento sociale deve “ufficializzare” il ruolo del familiare assistente” come stabilito dall'articolo 5 della Carta europea del familiare che si prende cura di un familiare non autosufficiente, nata sotto gli auspici delle Nazioni Unite, dell'Unione Europea e del Forum europeo delle persone disabili.
L'impegno della nostra Federazione è quello di continuare la nostra azione per esigere il pieno rispetto dei diritti e della dignità dei nostri anziani ospiti delle numerose RSA del nostro Paese.
A questo link è possibile consultare l'ultimo report completo al 14 aprile.